La parola chiave di questo romanzo? Nostalgia. Non saprei
trovarne un’altra per definirlo. Ogni
romanzo ha secondo me una parola che lo racchiude, così “Berta Isla “ di Marias
ha “menzogna”, “Patria” di Aramburu “Perdono”,
Una vita come tante” di Yanagihara “amicizia” e così via. Ecco Nostalgia è la linea sottile che
percorre tutto il romanzo, dall’inizio alla fine, anche se non viene mai detto
apertamente.
Chi è nato in un luogo e poi
è vissuto in un altro, o chi semplicemente è stato felice in un luogo da
cui è dovuto andare via, sa benissimo di cosa parlo. Così Mimì è calabrese e della sua terra porta dentro
impressi i colori, i sapori, i suoni: la sua vita fiorentina si è semplicemente
sovrapposta sull’altra, come un velo pronto a sollevarsi al minimo spirare di
un ricordo. Mimì non è un uomo felice:
il matrimonio è stato un disastro, la relazione con la collega Marina idem, la
figlia è lontana in tutti i sensi anche perché giovane e, giustamente, egoista,
il lavoro non lo soddisfa. Il ritorno a San Gregorio è per lui come una terapia
del dolore e della disillusione. Si immerge nel paese e, pur nei cambiamenti,
ritrova quella parte di sé che a Firenze aveva prima nascosto, per inserirsi, e
alla fine un pochino smarrito. Ed ecco che, riappare quasi dal nulla Ciccina, la bella, intrigante e inarrivabile
Franca col suo maglioncino turchese, pronto ad esplodere nell’immaginario dei
giovani maschi del paese, tutti
innamorati di lei senza speranza. E poi le ragazze del piano di sopra
inconsapevoli, o forse no, del loro potere seduttivo dovuto alla giovinezza
prorompente nei confronti di Mimì, che appare ai loro occhi una facile preda.
Gli amici del bar della piazza principale sono poi sempre gli stessi, con qualche
capello bianco ma con le solite discussioni e le solite affermazioni sulle
donne, sulla politica, sul comportamento
ambiguo di Mimì. In effetti la bella Franca, ora vedova del barone, per
togliersi un terribile dubbio, si avvicina pericolosamente al professore che
viene salvato, o impedito a seconda dei punti di vista, da una serie di
telefonate inattese da parte della moglie e della figlia. Ma è Anna che gli
torna in mente, la ragazzina vicina di casa, il suo primo vero amore, o forse
l’unico, perché mai concluso. Tornano come da un lago di ricordi gli incontri
fugaci e intensi, la scoperta del proprio corpo e di quello dell’altro,
tutto di nascosto alle famiglie. Altri
tempi, altra mentalità: se fossero stati scoperti sarebbe stata una tragedia.
Poi la partenza e la promessa di vedersi ancora interrotta dalla tragica morte
di lei, arrivata come una fucilata in pieno petto perché nessuno poteva
immaginare quello che c’era stato tra di loro. E’ qui , in poche righe che si avverte forte il morso della
nostalgia, resa impossibile dalla morte e, forse anche si capisce
quell’atteggiamento passivo e privo di speranza di Mimì davanti all’amore. La zia Felicina,
croce e delizia di ogni nipote, lo cura
e lo coccola come fosse ancora un ragazzo
e lo consiglia sempre, anche senza farsene accorgere, tramite la sua
cura ossessiva del cibo. Si capisce che al di là di un atteggiamento
apparentemente bigotto e ottuso, zia Felicina capisce e comprende del mondo
molto più di tante donne, anche più giovani e smaliziate di lei. E poi, romanzo nel romanzo, c’è un Decamerone declinato
in calabrese con le deliziose storie raccontate da Giannuzzella al professore che ne deve
ricavare un libro per l’editore Vescovelli. Sono storie di famiglia,
particolari e intriganti, condite dal profumo dei cibi che la Musa di Mimì accompagna
ad ogni storia. Nel leggere questo
romanzo ho ripensato alla mia vita in un luogo che ho amato molto e da cui mi sono dovuta allontanare, ho
rivisto le case bianche nel riverbero del sole, quelle stradine in discesa, quei profumi
provenienti dalle cucine delle case allora sempre con le porte aperte per il
viandante, e poi in lontananza il mare come una linea azzurra indefinita tra
acqua e cielo.
Questa scrittrice ha il dono e la capacità di suscitare tante
emozioni, anche contrastanti, che vanno al d là del testo stesso, cosa che non capita spesso in altri autori. Mentre in questo libro si va avanti nella lettura, bisogna fermarsi
ogni tanto e guardare lontano e allora , come a Mimì, riaffiorano tanti ricordi
di un luogo lontano, di una persona molto amata che, smussati dal tempo, appaiono
incredibilmente belli, dolci e
consolatori del presente.
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