martedì 21 settembre 2021

Sul blog di Effigi il mio racconto "Siepi alte e buon vicinato"

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Chi l'avrebbe detto che Virginia Logis Pazzi leggesse IL SUPPLENTE e che ne facesse pure una generosa recensione? Grazie.

 

 Dalla newsletter del Club del Giallo di Sesto.

 

Consigli di lettura

Laura Vignali, Il supplente, Effigi 2021.

 

Mentre sta concludendo una brillante conferenza nella sala di una biblioteca fiorentina, il professor Attilio Ciampi subisce quello che i giornali definiscono un “tragico incidente”:  punto da una vespa  ha  uno shock anafilattico che gli procura la morte.

Ciampi era ben conosciuto nel mondo accademico, poteva vantarsi di essere un “barone” temuto dai colleghi e nel contempo un beniamino del grande pubblico che apprezzava le sue doti di funambolico divulgatore della cultura letteraria.

Erano presenti alla conferenza tre signore, Isa (Isabella), Toni (Antonia) e Tilde (Matilde), ex allieve di Ciampi. Quest’ultimo, prima di fare carriera nell’Università,  era stato infatti  supplente di italiano in un prestigioso liceo di Firenze e nel lontano anno scolastico 76/77 aveva accompagnato le tre donne all’esame di maturità.

Dopo l’improvvisa scomparsa del cattedratico, Isa, Toni e Tilde decidono di rievocare  attraverso la scrittura  quel periodo della gioventù, periodo decisivo per la loro formazione e più in generale per la loro esistenza.

Nel frattempo Marco Tullio Battaglini, assistente del defunto professore, scopre inopinatamente di essere l’erede dell’appartamento di Ciampi e può accedere al suo archivio  e a documenti accumulati in decenni. Il giovane trova così indizi del passato dell’illustre docente, indizi che lo rendono dubbioso circa l’incidente avvenuto durante la conferenza. Si è trattato davvero di una “tragica fatalità”, di un puro caso? O qualcuno ha brigato sfruttando l’allergia di cui Ciampi soffriva?

In un gioco di specchi ottimamente costruito Battaglini e le tre donne alternano le loro voci, e ciascuna fornisce tasselli che vanno a comporre la personalità dello studioso scomparso.

L’ assistente porta avanti una sorta di indagine  aiutato da Rosy, una ragazza estrosa e intelligente di cui si innamora. Le ex compagne di scuola narrano di quel fatidico anno scolastico che ha segnato indubbiamente le loro vite e quelle di altri compagni. Attilio Ciampi, secondo queste testimonianze, era un supplente da poco laureato, preparatissimo, istrionico, che sapeva affascinare la componente femminile della classe ed esercitare il ruolo di leader su quella maschile.  Le ragazze divenute signore (una psicologa, un’insegnante, una docente universitaria di Diritto) finiscono però per disegnare un ritratto complesso, fatto di luci e di molte ombre: Ciampi esibiva sì un carattere affascinante ma era anche affetto da una potente forma di narcisismo.

Il romanzo si  sviluppa dunque con questi interventi a più voci  e ovviamente non sveliamo quali stretti nodi possano legare le vicende del passato col presente. Laura Vignali possiede una grande abilità a fare parlare i protagonisti, a dare corpo ad avvenimenti lontani attraverso la lente sfaccettata dei ricordi. Un aspetto colpisce in modo particolare: la “fotografia” che viene fatta della gioventù e della scuola di quegli anni: nel “prestigioso” liceo fiorentino gli allievi non mancano di partecipare ad accese assemblee dove ferve il dibattito ideologico ( a colpi di “nella misura in cui”, “il problema è a monte” etc.); del resto sta salendo allo zenit il fenomeno del terrorismo e l’anno successivo a quella “maturità” le Brigate Rosse rapiranno Aldo Moro. Ma in realtà i ragazzi, a parte alcune eccezioni, rimangono sempre attaccati al loro mondo borghese e il  problema più grosso non è la lotta al padronato  ma come vestirsi e quale strategie di comportamento adottare alla festa di Capodanno organizzata nella villa di un compagno di classe.

Si è detto che Laura Vignali predilige il “giallo umoristico”, in realtà è un’autrice che non ha bisogno di etichette, soprattutto se risultano fuorvianti. Si legga il suo Una storia  fiorentina (di recente ristampato da Loescher), per capire come sia in grado di imbastire un solidissimo noir.

L’ironia è sempre ben presente ne Il supplente ma la rappresentazione delle dinamiche di quell’ “universo chiuso” che è una classe, e del complesso rapporto tra insegnanti e allievi, non ha nulla a che vedere con il miele dell’Attimo fuggente. Il  “capitano, mio capitano!” , il supplente di queste pagine, così pieno di argute citazioni e smisurato egocentrismo, non è descritto intingendo la penna in sostanze zuccherine bensì in massicce dosi di curaro. E, ovviamente, è proprio questa “cattiveria” che rende godibile la lettura.

 

(V. L. P.)