Consigli di lettura
Laura Vignali, Il supplente, Effigi 2021.
Mentre
sta concludendo una brillante conferenza nella sala di una biblioteca
fiorentina, il professor Attilio Ciampi subisce quello che i giornali
definiscono un “tragico incidente”:
punto da una vespa ha uno shock anafilattico che gli procura la
morte.
Ciampi
era ben conosciuto nel mondo accademico, poteva vantarsi di essere un “barone”
temuto dai colleghi e nel contempo un beniamino del grande pubblico che
apprezzava le sue doti di funambolico divulgatore della cultura letteraria.
Erano
presenti alla conferenza tre signore, Isa (Isabella), Toni (Antonia) e Tilde
(Matilde), ex allieve di Ciampi. Quest’ultimo, prima di fare carriera
nell’Università, era stato infatti supplente di italiano in un prestigioso liceo
di Firenze e nel lontano anno scolastico 76/77 aveva accompagnato le tre donne
all’esame di maturità.
Dopo
l’improvvisa scomparsa del cattedratico, Isa, Toni e Tilde decidono di
rievocare attraverso la scrittura quel periodo della gioventù, periodo decisivo
per la loro formazione e più in generale per la loro esistenza.
Nel
frattempo Marco Tullio Battaglini, assistente del defunto professore, scopre
inopinatamente di essere l’erede dell’appartamento di Ciampi e può accedere al
suo archivio e a documenti accumulati in
decenni. Il giovane trova così indizi del passato dell’illustre docente, indizi
che lo rendono dubbioso circa l’incidente avvenuto durante la conferenza. Si è
trattato davvero di una “tragica fatalità”, di un puro caso? O qualcuno ha
brigato sfruttando l’allergia di cui Ciampi soffriva?
In
un gioco di specchi ottimamente costruito Battaglini e le tre donne alternano
le loro voci, e ciascuna fornisce tasselli che vanno a comporre la personalità
dello studioso scomparso.
L’
assistente porta avanti una sorta di indagine
aiutato da Rosy, una ragazza estrosa e intelligente di cui si innamora.
Le ex compagne di scuola narrano di quel fatidico anno scolastico che ha
segnato indubbiamente le loro vite e quelle di altri compagni. Attilio Ciampi,
secondo queste testimonianze, era un supplente da poco laureato,
preparatissimo, istrionico, che sapeva affascinare la componente femminile
della classe ed esercitare il ruolo di leader su quella maschile. Le ragazze divenute signore (una psicologa,
un’insegnante, una docente universitaria di Diritto) finiscono però per
disegnare un ritratto complesso, fatto di luci e di molte ombre: Ciampi esibiva
sì un carattere affascinante ma era anche affetto da una potente forma di
narcisismo.
Il
romanzo si sviluppa dunque con questi
interventi a più voci e ovviamente non
sveliamo quali stretti nodi possano legare le vicende del passato col presente.
Laura Vignali possiede una grande abilità a fare parlare i protagonisti, a dare corpo ad avvenimenti lontani
attraverso la lente sfaccettata dei ricordi. Un aspetto colpisce in modo
particolare: la “fotografia” che viene fatta della gioventù e della scuola di
quegli anni: nel “prestigioso” liceo fiorentino gli allievi non mancano di
partecipare ad accese assemblee dove ferve il dibattito ideologico ( a colpi di
“nella misura in cui”, “il problema è a monte” etc.); del resto sta salendo
allo zenit il fenomeno del terrorismo e l’anno successivo a quella “maturità”
le Brigate Rosse rapiranno Aldo Moro. Ma in realtà i ragazzi, a parte alcune
eccezioni, rimangono sempre attaccati al loro mondo borghese e il problema più grosso non è la lotta al
padronato ma come vestirsi e quale strategie
di comportamento adottare alla festa di Capodanno organizzata nella villa di un
compagno di classe.
Si
è detto che Laura Vignali predilige il “giallo umoristico”, in realtà è
un’autrice che non ha bisogno di etichette, soprattutto se risultano
fuorvianti. Si legga il suo Una storia fiorentina
(di recente ristampato da Loescher), per capire come sia in grado di imbastire
un solidissimo noir.
L’ironia
è sempre ben presente ne Il supplente
ma la rappresentazione delle dinamiche di quell’ “universo chiuso” che è una
classe, e del complesso rapporto tra insegnanti e allievi, non ha nulla a che
vedere con il miele dell’Attimo fuggente.
Il “capitano, mio capitano!” , il
supplente di queste pagine, così pieno di argute citazioni e smisurato
egocentrismo, non è descritto intingendo la penna in sostanze zuccherine bensì
in massicce dosi di curaro. E, ovviamente, è proprio questa “cattiveria” che
rende godibile la lettura.
(V.
L. P.)
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