I Premio Concorso “In cento righe”
2022
Soffitte condominiali
Buonasera e grazie per la vostra
folta presenza. Devo però avvertirvi che se vi aspettate un monologo impegnato
e denso di significati meta teatrali, rimarrete delusi, in quanto le mie
vicende personali mi hanno obbligato a cambiare repertorio proprio all’ultimo
momento. Per questo confido nella vostra comprensione se il testo risulterà
improvvisato o poco divertente. Vedo che qualcuno di voi mi guarda incuriosito.
No, non temete, non ho perso la mia consueta arguzia e nemmeno la mia
prorompente comicità. Semplicemente ho deciso di gettare la maschera dell’istrione
e di dare voce alla mia dolente umanità. O forse dovrei dire umana ingenuità.
E, visto che il teatro non è nient’altro che lo specchio dell’esistenza, ho
deciso di esibirmi senza veli, come solo i grandi interpreti sanno fare. Vedo
che alcuni di voi sono perplessi. Aspettate i particolari e poi potrete
manifestarmi tutta la vostra simpatia. O il vostro disprezzo. Ora però, bando
ai preliminari e diamo inizio allo spettacolo. Dunque, la storia risale a
qualche mese fa. Per farvi capire la mia situazione userò una semplice metafora.
Prendiamo il caso che voi abitiate in un condominio nel quale ognuno ha il suo
bell’appartamento, dotato di terrazzo e soffitta. Ed è ovvio che vi sentiate
padrone a casa vostra. Un bel giorno scoprite che la soffitta non è solo vostra
ma è diventata condominiale. E da che cosa lo capite? Partiamo dall’inizio: uno
di voi – mettiamo il ragioniere del terzo piano – prende l’ascensore e sale
nella sua bella soffitta. Siccome è a tetto, si abbassa un po’ per non battere
le corna. Ad un tratto, mentre cerca in un vecchio cassone i giornalini di Tex
Willer, il nostro ragioniere vede entrare un altro condomino – mettiamo l’impiegato
dell’INPS del primo piano – che si mette a rovistare nello scaffale dove lui conserva
gelosamente i gialli di Agatha Christie. Ora, siccome il nostro ragioniere è un
tipo riservato ma cordiale, fa finta di nulla. Anzi si scansa e lascia
rovistare in pace l’intruso. Pensa che magari il suo coinquilino ha sbagliato
soffitta e gli dispiace farglielo notare perché lo potrebbe mettere a disagio.
Dopo nemmeno dieci minuti, la porta si apre di nuovo ed entra il professore del
secondo piano, il quale, come se niente fosse, si dirige verso la vostra cassetta
degli attrezzi e, senza chiedere il permesso, si impadronisce non solo del
trapano ma anche dell’intera collezione di chiavi a brugola. Ora, voi che cosa
fareste nei panni del nostro ragioniere? Converrete con me che la situazione
sta diventando un tantino imbarazzante. Se non altro perché la soffitta è
angusta e in tre ci si sta un po’ stretti. La soluzione più ovvia per il
ragioniere sarebbe quella di far presente ai signori condomini che quella
soffitta è sua e che, se proprio sono interessati ai
gialli e agli attrezzi del nonno, glieli può prestare. A patto che poi glieli
restituiscano. Ed è quello che fa il nostro padrone di casa. E fin qui ci si
potrebbe immaginare la fine dell’equivoco: – Oh mi scusi, ragioniere, ho
scambiato la porta della mia soffitta con la sua ecc.ecc. Oppure: Oddio, che
figura, se lo sa mia moglie … Invece, niente di tutto questo perché ecco il
colpo di scena: l’impiegato dell’INPS e il professore spiegano all’unisono all’incredulo
ragioniere che quella soffitta non appartiene solo a lui ma è diventata
condominiale. Proprio così! Ora vi chiederete che cosa c’entri la soffitta del
ragioniere con le mie vicende private. Ve l’ho detto prima: si tratta di una
metafora per introdurre una vicenda che, a prima vista, potrà sembrare anche
divertente ma che, per il sottoscritto, rappresenta una vera e propria beffa
del destino. Sì, perché, se io non fossi tornato a casa alle 9 di sera, invece
che alle una di notte, tutto sarebbe rimasto com’era. Voglio dire che nessuno
avrebbe invaso la mia soffitta. Ma procediamo con ordine. Immaginatevi la scena:
sono le 19,45, dopo la solita cenetta frugale, saluto mia moglie Olivia e
scendo in strada, in attesa che Egisto e Carolina mi diano un passaggio con la
loro vecchia Seat Ibiza. Lungo il tragitto carichiamo anche Otello e Marisa. Ad
essere sinceri, ci stiamo un po’ stretti ma così risparmiamo la benzina e
arriviamo in tempo per le prove. Di solito, alle nove siamo già in teatro a
declamare le nostre battute. Dimentichi delle ansie familiari e delle
frustrazioni professionali. Insomma entusiasti come dei ragazzini alla recita
dell’asilo. Sennonché, ieri sera, all’angolo fra viale Redi e via Doni, il solito destino cinico e baro ha deciso di mischiare
le carte in tavola, scombinando la monotona esistenza del sottoscritto Mario
Sorbetti, di giorno ragioniere alla SI.CAM. s.p.a. di notte primo attore, nonché regista, della
gloriosa compagnia “Becchi e bastonati”, conosciuta sia al di qua che al di là
d’Arno. Per essere più precisi: nei teatri parrocchiali per le commedie in
vernacolo e nelle case del popolo per le
parodie socialmente impegnate. Insomma, chi l’avrebbe previsto che, proprio
ieri sera la Seat Ibiza di Egisto e Carolina si sarebbe accartocciata contro un
cassonetto esalando l’ultimo disperato “vrooon”? Eh sì, è stata proprio una tragica
fatalità quella che ci ha costretto a tornarcene a casa a piedi, rinunciando alle
prove del nostro cavallo di battaglia: “Il postino suona sempre due volte”.
Sono circa le 10 quando, dopo aver salito i tre piani di scale a piedi, entro
in casa con passo felpato per non svegliare Olivia che ha il sonno leggero. Mi
siedo in salotto e, sempre per non disturbare mia moglie, evito di accendere il
televisore. Non mi rimane altro che immergermi nella mia lettura preferita: Tex
Willer. Ad un tratto, sento aprire la porta. Rimango interdetto ma subito dopo
mi rassicuro: non è un ladro. E nemmeno uno sconosciuto. Infatti, nonostante ci
si veda sempre di sfuggita, riconosco il nuovo arrivato: si tratta
dell’impiegato dell’INPS del primo piano, il quale, come se niente fosse, mi fa
un gesto di saluto con la testa e incomincia a girellare per la stanza. Ogni
tanto mi sbircia con l’aria di chi si chiede dove mi abbia già incontrato. Solo
dopo aver preso un giallo di Agatha Christie, si siede educatamente sull’altra
poltrona. E non è tutto. Aspettate a sentire che cosa è successo dopo. Passa un
quarto d’ora ed ecco che qualcuno entra nel mio appartamento. E sapete chi è?
Via su, ora è facile. Provate un po’ a indovinare. Sì, è proprio lui, il
professore del secondo piano, il quale entra con aria disinvolta nel mio
salotto come se fosse a casa sua. E, come se non bastasse si fionda con passo
sicuro verso il mobile d’angolo, apre l’ultimo cassetto e tira fuori … eh no! Stavolta c’è una variazione sul
tema: prende il tagliaunghie, si siede al tavolo e per poco non si trancia di netto l’indice della mano
sinistra. A quel punto, che cosa avreste fatto voi al mio posto? Ok, avrei
dovuto chiedere spiegazioni ma– voi non ci crederete – non ne ho avuto il
tempo. Sì, perché, mentre l’impiegato dell’INPS leggeva avidamente:” Trappola
per topi” e il professore si faceva le manicure, Olivia è entrata in salotto,
coperta soltanto da un perizoma fosforescente (modello albero di Natale
finlandese) e da uno spennato boa di piume di struzzo. Ah, dimenticavo le calze
a rete e il classico gatto a nove code. Mia moglie è sempre stata abilissima a
dominare le passioni. Anche in questo caso, ha sfoderato un aplomb da fare
invidia al compianto principe d’Edimburgo. Ha lanciato un’occhiata distratta ai presenti
e, come se nulla fosse , se n’è uscita con un annoiato: –Avanti a chi tocca! Ad
essere onesti, bisogna premettere che Olivia, senza occhiali, è più ciecata di
una talpa ed è possibile che non mi abbia riconosciuto. Il fatto sta che,
siccome io sono un tipo ospitale, non mi è sembrato il caso chiedere
spiegazioni ai nostri ospiti. D’altronde, avevo perfettamente capito il motivo
per cui erano lì. Ora vi chiederete come abbia reagito. Ebbene, vi confesserò
che non ho avuto il coraggio di ribadire di chi fosse moglie Olivia. Tanto
ormai era chiaro che Olivia era a tutti gli effetti una moglie condominiale.
Proprio come la soffitta. Cari spettatori, come vi avevo già avvertito, questo
monologo non è affatto comico. Ad ogni buon conto, la serata si è conclusa in
maniera molto civile. Come si addice ad una persona che non ama le controversie
fra vicini di casa. L’impiegato è rimasto in camera di mia moglie per
un’oretta. Anche troppo, se si considera che sul comodino non teniamo gialli di
Agatha Christie. Invece, il professore ha ribadito la sua passione per il
bricolage perché, quando è toccato a lui, si sentivano certi scricchiolii che
non vi dico. Speriamo almeno che mi abbia aggiustato la cerniera dell’armadio.
Insomma, fra una cosa e l’altra, si son fatte le una di notte. Giusto l’ora del
mio rientro dalle prove. Quando finalmente, sono potuto entrare in camera mia,
Olivia dormiva della grossa. Non si è svegliata nemmeno quando ho acceso
l’abatjour per finire di leggere l’episodio di Tex Willer che avevo iniziato in
salotto. Eh sì, cari spettatori, questi sono gli inconvenienti della vita di
condominio. Che, peraltro, ha anche i suoi vantaggi. Ve lo immaginate voi se,
invece di abitare in un palazzo a Novoli, avessi avuto una villa a Fiesole con
una soffitta tutta mia? La mia disavventura vi sia di insegnamento: quando una
signora decide di fare un’assemblea di condominio, si accerti prima che la Seat
Ibiza degli attori dilettanti abbia passato la revisione.
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