sabato 26 marzo 2011

La compagnia "Acquainbocca" recita "Olive assassine" in vari ristoranti toscani

Grazie alla classe II D della S.M.S. "A.Roncalli" e alla prof.ssa Silvana Fabbri per la calorosa accoglienza.

Un ringraziamento anche alla Prof.ssa Maria Lorello e a tutti i suoi alunni lettori di "Tutta colpa di Amalia"

venerdì 25 marzo 2011

Biblioteca di Quarrata: "Il cappotto del babbo"

giovedì 24 marzo 2011

DELITTO SUI BINARI AL TEMPO DEL GRANDUCA

Prologo

La piazza del paese sonnecchiava pigramente sotto la canicola soffocante del primo pomeriggio.
Don Luigi uscì già sudato dalla canonica. Fatti pochi passi all’ombra dei tigli, dovette rassegnarsi ad attraversare la piazza assolata. Nel passare davanti all’osteria di Zelindo, intravide dietro le imposte accostate i soliti quattro avventori al tavolo delle carte che gesticolavano nella penombra in compagnia dell’immancabile fiasco di rosso.
Ci voleva poco a capire che il vecchio pievano non aveva nessuna voglia di mettersi in cammino. Anche la gamba sinistra, claudicante e tormentata dall’artrosi, non sembrava disposta a quella camminata fuori orario. Ma il pensiero della vecchia Leontina che stava morendo laggiù nella fattoria di Campiglio, lo spinse ad accelerare il passo. Così, accompagnato da un’ assordante sinfonia di cicale, svoltò a sinistra e imboccò un sentiero pieno di ciottoli e di polvere. Mentre camminava, si mise una mano nella tasca della tonaca e tirò fuori il breviario. Tanto per compagnia.

I

Ricordi e rimpianti sulla via di Campiglio

Don Luigi pensava fra sé e sé che quella non era né la stagione, né l’ora per andarsene da questo mondo. Ma, d’altro canto, a novant’anni suonati, dopo una vita di stenti e di lavoro, qualunque momento era buono per chiudere gli occhi. Il fatto era che anche lui cominciava ad avere una certa età e non sapeva per quanto tempo ancora avrebbe potuto correre dietro ai suoi parrocchiani. Forse - ammise - era venuto il momento di farsi mandare un aiutante più giovane. Uno di quei pretini entusiasti e disposti a farsi carico dei problemi del mondo. Insomma, uno che assomigliasse un po’ a quello che era stato lui, molti anni prima, quando era arrivato a Sammommè fresco fresco di ordinazione.
Erano passati tanti anni da allora … Eppure, nonostante il tempo avesse sbiadito una miriade di ricordi , a don Luigi tornava ancora in mente ogni particolare di quel lontano pomeriggio di luglio. Un luglio caldo come quello che ora gli impediva il respiro e gli fiaccava le gambe. Forse anche di più. Tanto che, lungo i ripidi tornanti che portavano al paese, sudava anche la mula, più carica di libri che di biancheria.
A ripensarci, tutti quegli anni sembravano esser volati in un soffio. E la sensazione – ancora più dolorosa dell’artrosi – era che non avesse fatto abbastanza per fermarli. Per provare ad assaporare la vita via via che gli scorreva davanti. O, perlomeno, per cercare di trattenerla qualche istante in più.
Non era il caso di indugiare con vani rimpianti poco consoni al suo abito! D’altronde, ormai non si poteva più tornare indietro. Il pievano sorrise al pensiero di assomigliare sempre di più ad un personaggio di quei romanzi moderni che gli piacevano tanto e che - doveva proprio confessarlo – lo appassionavano assai più delle vite dei santi e delle raccolte di sermoni. In quel momento, se proprio doveva paragonarsi a qualcuno, l’unico che gli veniva in mente era quel vecchio brontolone pauroso di Don Abbondio …
Superato il tabernacolo scalcinato, dove una madonnina stinta sembrava anche lei sopraffatta dal torpore del solleone, si augurò di non fare brutti incontri per strada, come era successo al suo collega subito all’inizio del romanzo.
Il pievano ansimava accaldato, proprio nell’ora in cui avrebbe dovuto pisolare nel salottino della canonica, con le persiane chiuse e il gatto accoccolato sulla madia. Ma, dopo quarant’anni, non poteva venir meno proprio ora ai doveri del suo ministero. Così accelerò il passo, nonostante i ciottoli e il dolore che gli mordeva il fianco.
Appena girata la curva, i castagni si diradavano, offrendo allo sguardo l’intera vallata. Laggiù in fondo, Pistoia se ne stava pigramente adagiata nella pianura ovattata da una spessa coltre di afa. Dall’alto sembrava un mondo lontano e quasi irraggiungibile.
Ad un tratto, un odore inebriante di nepitella gli regalò una momentanea sensazione di refrigerio. E mentre cercava di scacciare un insetto insistente, lo sguardo corse, come sempre, verso la grande villa con le finestre chiuse e le mura sbocconcellate che si intravedeva poco più avanti, sulla destra, oltre la siepe di tuie.
Ogni volta che passava di là, una sensazione dolorosa e struggente lo costringeva a voltare gli occhi dall’altra parte e si chiedeva perché non potesse fare a meno di gettare lo sguardo oltre quella siepe. Aveva un senso non voler dimenticare? O, forse, cercava soltanto facili menzogne per assolvere la sua coscienza intorpidita dalle delusioni e dal tempo …
Anche allora, come infinite altre volte, rivisse, non ancora sbiadito nella memoria, un altro lontano pomeriggio di luglio, quando una carrozza, che veniva da Firenze, si era fermata, tutta impolverata, davanti al cancello della villa.
Era arrivato da poco nel paese. Era giovane e non abbastanza modesto da confessare a se stesso che non era un compito facile prendere il posto del vecchio pievano.
Don Sabatino aveva guidato le anime del paese per più di trent’anni ed era morto all’improvviso, da difensore della Santa Chiesa, insidiata , a sentir lui, dai pericoli del mondo moderno.
L’avevano trovato una mattina nell’orto della canonica, riverso sotto il fico, con le mani ancora calde che stringevano una copia de “La civiltà cattolica”, che condannava con titanica veemenza “le utopie patriottiche e nazionali” e inveiva contro i perfidi liberali, rei di consumare ogni sorta di eccesso contro la civiltà e la religione.
Povero don Sabatino, come si sarebbe rivoltato nella tomba, se avesse saputo che il suo giovane successore era un ardente sostenitore del Gioberti e che, nelle lunghe notti insonni, invece di consultare i padri della Chiesa , sognava la fine del potere temporale !
In quegli anni le idee neoguelfe penetravano di nascosto persino nel segreto dei confessionali, infiammando gli animi generosi di quei cattolici che avvertivano ormai imminente il tramonto del papa re e l’inizio di una nuova èra.
Era facile, ora che il tempo impietoso lo aveva disilluso e privato di tante speranze, ammettere di essere stato un po’ ingenuo. E forse anche troppo animoso e impulsivo. Ma era giovane e, soprattutto, era convinto che ogni suo pensiero e ogni sua azione dovessero contribuire al sogno di conciliare fede e progresso, libertà dei popoli e riforma della Chiesa.
Così, seppellito don Sabatino insieme alle sue nostalgie e ai suoi giornali intransigenti, il nuovo pievano si era dedicato anima e corpo alla cura delle anime di quel paesino dell’Appennino, che l’ambizioso progetto di due famosi ingegneri, intendeva strappare all’atavico isolamento.
Il progetto era quello della ferrovia Transappenninica, ovvero la Strada ferrata dell’Italia centrale, quella che in seguito tutti avrebbero chiamato “Porrettana”. La stessa che era stata ideata per collegare Bologna con Pistoia, scavalcando interamente la dorsale appenninica.
Nel 1852, quando era stato firmato il contratto e avevano dato il via ai lavori, erano stati in molti a ritenere che la Galleria dell’Appennino rappresentasse la prova evidente che l’ingegno umano si era ormai definitivamente affrancato dalle tenebre dell’oscurantismo e dell’ignoranza.
E anche fra i cattolici erano rimasti in pochi a pensare – come aveva affermato quasi vent’anni prima il vecchio Gregorio XVI - che il treno fosse opera di Satana e che facesse persino ammalare di tisi. Ormai si guardava alla ferrovia come a un mezzo prodigioso che avrebbe accorciato le distanze e permesso agli uomini di piegare gli ostacoli della natura. Con buona pace di Don Sabatino.
"Delitto sui binari al tempo del Granduca" sarà presentato da Giuseppe Previti e da Andrea Dami all'Hotel Arcobaleno domenica 3 aprile 2011, alle ore 17 nell'ambito dell'esposizione "Suoni e sapori"

Seguirà
aperitivo&musica

Luigina e Antonio leggono alcuni brani di "Delitto sui binari al tempo del Granduca" con disegni di Andrea Dami

17 MARZO: NOTTE TRICOLORE ALLA S.GIORGIO

FESTIVAL DEL GIALLO