mercoledì 26 novembre 2008

domenica 23 novembre 2008

Il dottor Bencistà e il mistero delle tre donne sole




III
         
                            La Nella come la Duval?
 
               La villa della Nella Marchetti se ne stava abbarbicata su un cocuzzolo tappezzato di filari di viti, appena fuori dal paese.      Sotto il loggiato, quasi affogato fra le  conche dei limo­ni, un gatto nero e straordinariamente grasso si godeva il tiepi­do sole di marzo, pigramente sdraiato in una vecchia cesta di vimini.
               Il dottor Bencistà parcheggiò la sua Seicento all’inizio del vialetto alberato e  si incamminò a piedi verso il portone della villa, trascinandosi dietro la pesante borsa di pelle.
               Come ogni mattina, dopo aver devotamente recapitato il solito cappuccino con tre cornetti caldi a quell’ ingrata della Silvana, aveva dato il via al  mesto pellegrinaggio delle visite domiciliari.                
               La telefonata della Marchetti lo aveva svegliato alle sei e mezzo, strappandolo alle lusinghe di un sogno impossibile: la crudele estetista, finalmente commossa dalla sua fedeltà, gli of­friva una ceretta gratuita.
               La signora Nella lo aveva bruscamente riportato alla più prosaica realtà : - Dottore, mi dispiace disturbarla di prima mattina ma ho assolutamente bisogno di parlarle!-
                  - Mi dica...- Il tono del Bencistà non tradiva, come al solito, alcuna curiosità.
                - Mi scusi...dovrebbe venire da me...al più presto. Le spiegherò a quattr’occhi. Ora non posso dirle altro!-
               Così la prima visita fu riservata alla Nella, una delle donne più facoltose del paese e, un tempo, anche una delle più corteggiate. 
               A più di settant’anni, la Marchetti poteva ancora defi­nirsi una bella donna. Sempre elegante nella sua sobria semplicità, con l’irrinunciabile filo di perle intorno al collo, dava l’impressione di dominare ancora la sua quieta esistenza. Se non fosse stato per la sedia a rotelle che manovrava come se fosse una fuoriserie, si poteva pensare che  non avesse bisogno di nessuno.
               -Dottore, si accomodi qui, sulla poltrona...Ivana, puoi andare! Per favore chiudi la porta e, se mi cercano al telefono, di' che sono occupata e che mi richiamino più tardi!-
               L’Ivana sorrise con simulata  timidezza. Il  Bencistà, si lasciò sprofondare  sulla poltrona di velluto, ormai rassegnato ad  ascoltare i malanni di quella paziente  signorile e un po’ di­spotica.
     - Legga questa , per favore. E poi mi dica se devo preoccu­parmi oppure prenderlo per uno scherzo di pessimo gusto!- E gli tese una busta, con la sua mano bianca e ben curata dalla perizia della Silvana.
                La lettera era scritta al computer e il dottore rimase su­bito      colpito dal tono violento della poesia citata: “Gentilis­sima Signora Nella, mi duole ricordarle i versi disperati del Poeta, che ben si  addicono alla sua perfida indifferenza :
 
Quando dormirai, mia bella tenebrosa, in fondo a un monu­mento fatto di marmo nero e quando non avrai per alcova e maniero che una tomba piovosa e una fossa profonda, quando la pietra, opprimendo il tuo petto impaurito e i fianchi ammor­biditi da una grazia indolente, impedirà al tuo cuore di battere e di volere e ai tuoi piedi di correre la corsa avventurosa, la tomba, confidente del mio sogno infinito (perché la tomba sem­pre comprenderà il poeta), in quelle lunghe notti da cui il son­no è bandito, ti dirà: “Che ti serve, cortigiana mancata, non aver conosciuto ciò che piangono i morti?” E il verme ti rode­rà la pelle come un rimorso.
 
Rifletta, cara Nella, sul senso profondo di questi versi sublimi e attenda la giusta vendetta!”
 
 
                - Ebbene, che diavolo significa questa poesia truculen­ta? E chi sarebbe la “cortigiana mancata”? E il riferimento ai piedi che non possono più correre la “corsa avventurosa” non le sembra di pessimo gusto?-
               La signora sembrava più indignata che impaurita.
               Il Bencistà le restituì la lettera con un sorrisetto che non sfuggì alla Nella: - Scusi, dottore, le sembra una lettera tanto spiritosa da farci sopra una risatina?-
               -No, assolutamente! Non vorrei sembrarle cinico ma  ... l’idea di citare una delle poesie più disperate di Baudelaire, come giustamente rileva l’anonimo autore della lettera, mi sembra decisamente interessante!-
               - Interessante un accidente, caro il mio dottore! Vorrei vedere lei, se qualcuno le scrivesse per augurarle di finire sotto il marmo nero , in una fossa profonda e tutte quelle belle cose lì!  Che cosa farebbe, eh?-
               Il Bencistà non poté fare a meno di pensare che chi pa­ragonava la Nella alla infedele amante di Baudelaire, la splen­dida Jeanne Duval, doveva essere un tantino fantasioso.     Cer­cò di spiegare alla Marchetti, che ai suoi tempi aveva preso il diploma di maestra dalle suore, che quel poeta lì non era pro­prio uno stinco di santo e che chi le aveva mandato una poesia di quel tipo aveva sicuramente voluto farle uno scherzo oppu­re... era uno che aveva qualche problema di tipo psichiatrico!
      - Lei dice  che si tratta di uno scherzo? Ma chi può essere stato? Io quel Baudelaire, l’ho appena sentito rammentare. Sa, da giovane mi piaceva tanto D’annunzio ma leggevo anche Liala e Scerbanenco, che, a dirlo fra noi, era un po’ troppo scandaloso...Insomma, non mi riesce di immaginare, fra quelli che  conosco, qualcuno che possa mandarmi una poesia di quel tipo. Figuriamoci, i miei conoscenti leggono a malapena il ca­lendario di Frate Indovino e il Sesto Caio Baccelli!-
               Il Bencistà invece conosceva bene i versi di Baudelaire e, per un attimo, immaginò di declamare “Rimpianto postumo”- questo era il titolo della poesia citata – alla diabolica Silvana, che ben incarnava l’immagine di donna- vampiro così ricorrente nella letteratura decadente...
               Già, perché il dottore era un appassionato lettore, che avrebbe volentieri dimenticato le miserie dei corpi straziati dal­la malattia per avventurarsi nei meandri della finzione lettera­ria! 
               Ma non si poteva e così sublimava ogni giorno, in attesa della sera.
               Allora, riposto il camice infettato dalle sofferenze della carne, il Bencistà, novello dottor Jeckill, annegava  nei piaceri dello spirito, chattando con il suo amico Raffaele, anche lui appassionato lettore e fervido poeta.
        - Cara Nella, credo sinceramente che possa considerarlo uno scherzo..anzi, se vuole un consiglio, si legga  “I fiori del male”. Ma non lo dica a don Gino!- E con l’abituale flemma si alzò dalla poltrona e se ne andò, salutando cortesemente.
              Nell’uscire dal salotto della Marchetti, per poco non in­vestì l’Ivana, intenta ad origliare garbatamente dietro la porta. Purtroppo si scansò un minuto prima di  finirle addosso. Quell’occasione mancata gli sembrò un presagio un tan­tino funesto ma ormai era abituato a guardare gli altri che co­glievano le rose al posto suo. Si incamminò con l’aria mesta di sempre, pronto a compiere il suo prosaico dovere e  a debellare una tonsillite, un focolaio di broncopolmonite e una probabile quinta malattia.



PRESENTAZIONE LIBRO

A QUARRATA VENERDÌ' 5 DICEMBRE 2008 ALLE ORE 21,15 SARA' PRESENTATO IL NUOVO LIBRO:
IL DOTTOR BENCISTA' E IL SEGRETO DELLE TRE DONNE SOLE